Valencia on my mind. Capitolo 38. 21/12/2018
Vi racconto Valencia.
Sono in aereo.
Ci sono tutti.
C’è quello simpatico ciccione che, come al solito, è seduto accanto a me e parla a macchinetta perché si sente simpaticissimo quando lo fa.
Quello cafoncello che si caga sotto di viaggiare in aereo ma essendo omm potente non lo può mica far vedere e allora protegge il suo sguardo cagatoinmano con un cappello dalla visiera attorcigliata. Tipo quei cosi che mettono ai cavalli per farli guardare solo avanti e non di lato.
C’è la signora materfamilias akarompicoglioni con il marito evidentemente sottomesso.
Hanno 3 figli, e la matrona conserva le carte d’identità a tutti, e consegna il biglietto un attimo prima di entrare in aereo.
Come un prete che distribuisce le ostie. “È il biglietto della partenza, non perderlo”
“Amen, mamma”
Vorrebbe farlo con tutti i passeggeri e quando finiscono i figli e quindi finisce l’omelia, si incazza con il mondo intero perché lei voleva continuare ad alimentare la sua autostima alquanto malmessa.
Ah, dimenticavo, tutto bellissimo eh, tranne che i figli hanno da 28 ai 22 anni.
Ci sta l’immancabile creaturo che piange come se gli stessero strappando il cuore da petto.
Ci sono gli immancabili gratta e vinci di Ryanair che minchialamiseria non ho mai visto comprare da nessuno in 10 anni di aerei.
Insomma ci sono tutti gli ingredienti per raccontarvi questi giorni a Valencia quindi mettetevi comodi, mettetevi il cuscino dietro la schiena, alzate i piedi e viaggiate con me.
(cuffie con volume millamila, Ludovico & fratm Yiruma)
Non so bene da dove cominciare a dire il vero.
Parto dal tema principale: Valencia è un amore.
La Spagna è l’amore.
Chi mi conosce lo sa che sono da sempre innamorato di Madrid e che vorrei andarci a vivere domani.
Ma alla fine ho realizzato che non è solo Madrid, è proprio tutta la Spagna a farmi sentire così peaceful.
Credo che Valencia sia uno dei posti più sereni che conosco, è una bomba di energia positiva.
La gente sorride, urla, è gioiosa.
Ragazzi, è na cosa bella, è un’atmosfera di serenità diffusa che ti abbraccia e ti fa sentire in pace con te stesso.
A Valencia la gente ha lo stesso ritmo della mia Napoli.
È sempre pronta al sorriso, è sempre pronta ad accoglierti con simpatica complicità.
“mi dispiace” si dice “lo siento”.
E in questa traduzione c’è tutto il senso di quello che vi sto raccontando.
A Valencia la gente assapora ogni minuto della vita, parla, scherza, balla, beve aqua valenciana.
A Valencia cammini e senti l’odore del mare, vedi i bambini giocare a palla per strada urlando paroline in spagnolo che fanno sciogliere il cinismo.
E mi viene da ridere quando la gente mi chiede: “Ale ma viaggi sempre?” “Ale ma viaggi solo”?
Ho deciso semplicemente che l’energia della scoperta vale di più dell’ennesimo spritz a 10 euro ai Navigli.
Perché l’entusiasmo di un bimbo spagnolo che vede la prima volta una foca all’oceanografico ha più valore di una cena a base di sushi a Milano centro.
Per me il senso della vita è questo.
A Valencia la gente saluta cantando “hasta luegooooo”. Si dice facendo tipo i vocalizzi sulla o, almeno tre note diverse, tipo Beyonce.
Ho deciso concretamente di donare alla mia vita un senso diverso, e rido, rido tantissimo.
Perché è vero, io parto solo, ma mi sento mai solo.
A Valencia la gente ama.
Ho visto mille vecchietti camminare tenendosi per mano, oppure star seduti in silenzio a guardare il mare.
Mi pareva di sentire le parole delle poesia di Neruda quando gli passavo vicino.
Sentivo la potenza.
Valencia assomiglia all’Italia autentica degli anni 90.
La gente parla poco inglese, usa poco il cellulare, e i bambini preferiscono saltellare sui monopattini piuttosto che vedere i video di Favij ( se non sai chi è Favij vanne fiero).
Il consumismo genera continua insoddisfazione e ogni volta che vado in posti come Valencia, o anche come in Cambogia, penso ai miei figli e a quanto sarà difficile per loro vivere sereni e felici.
È un peccato.
Sogno una rivoluzione comandata dai bambini, sogno un mondo che riscopra il valore delle piccole cose, che rallenti, e capisca che correre ti da solo quantità, ma zero emozioni.
Oggi mentre camminavo ho visto
due uomini d’affari, giacca e cravatta, sulla 50ina, che si divertivano a dare un calci ad un Pacchetto di sigarette vuoto, come fosse una palla da calcio.
Uno diceva INIESTA, INIESTA…e l’altro XAVI, XAVI…si erano dati anche i ruoli, come facevo io quando giocavo a basket e mi sentivo un po’ Kobe Bryant.
Ridevano, scherzavano, giocavano come bimbi.
Questa è l’immagine che cercavo.
Questa è una delle immagini che conferma quello che vi sto raccontando.
È un’esaltazione della vita, del giocare nella vita.
L’energia l’ho presa tutta e mi sono divertito da morire.
Un’altra immagine bella è stata quella di un bambino all’oceanografico.
Lui era lì, davanti a metricubi infiniti d’acqua blucobalto, fisso con i suoi occhioni a vedere come nuotava una foca gigante.
Non rideva, non era felice, era ipnotizzato.
Mi ha rapito la sua curiosità, era grande, forte, emanava un’aura potentissima.
La sua sensibilità fresca e pura gli dava la consapevolezza che c’era qualcosa di sbagliato in quello che stava vedendo e che quell’animale non era poi cosi felice.
Era acuto, vivo, curioso.
Un gladiatore che scende nell’arena a combattere contro il cinimo.
Natura vs Natura.
L’essenza di un uomo, formato tascabile.
Sempre con me quella passeggiata in plaza de la reina, sempre con me quella panchina in plaza de la virges, sempre con me la signora del bar sotto casa con gli occhi luminosi.
Se tutto ciò che viviamo ci rende ciò che siamo, lei ha sicuramente vissuto una vita piena d’amore.
Non lo so questa mia urgenza di scrivere emozioni dove mi porterà,
Vi assicuro che da qui…
è tutto bellissimo.
Ora la smetto, gli occhi si chiudono e il cellulare mi sta scappando di mano.
Sono stanco e pieno.
Sporco del mondo.
Ed è la sensazione più bella che conosco.
Alla prossima,
hasta luegoooooo.
Violini, violoncello, e un accordo di Do al pianoforte, dissolvenza.
Peace,
Ale