Il tram a Milano. Capitolo 55. 22/10/2021
A Milano le persone si dividono in due categorie: quelle che prendono sempre il tram e quelle che preferiscono la metro.
È una bellissima selezione naturale.
Il tram così vintage, lento, ma così ricco di storia, che pare che mentre passa tra le strade della città ti portasse in un’altra dimensione. Come fosse una macchina nel tempo.
Le luci si specchiano dei vetri,
le persone romantiche come me che salgono su e ti osservano dopo averti sorriso.
Si crea un’atmosfera magica.
Da film in bianco e nero.
E poi la metro, per le persone che “importante che arrivano a destinazione nel minor tempo possibile”.
Quelle che proprio io non capisco. Quelle che non si accorgono del dettaglio, o che forse sono semplicemente poco interessate a scoprirlo.
Con quella mania di correre che poco riesco ad accettare, che poco mi fa identificare con Milano come città ma anche con questo mondo moderno iper digitale, dove si tende a premiare solo la velocità e l’efficienza, come fossimo tutti macchine che devono assolvere ad un compito.
La cosa bella è che poi essendo un animo competitivo, aumento il ritmo anch’io, vado velocissimo per vincere sta battaglia di ego, un pó andando contro la mia natura che però continua a non farmi perdere i dettagli.
E quindi si crea la confusione, il disagio, duecentomilamilardi di cose al secondo nella testa, duecentomilarapporti da tenere vivi , duecentomila persone da sentire, duecentomila idee che mi ballano nel cervello.
Forse tutto questo ha un nome, si dice “stress”.
Io potrei chiamarla “crescita”.
Dal disagio si cresce sempre disse il vecchio saggio.
Portarsi al limite, “organizzarsi” per portarsi al limite, per creare una nuova marcia al cambio, così invece delle solite 6 ne mettiamo una settima.
È questo che sto imparando a fare.
Magari mi torna utile anche quando sono me stesso, a folle, in un tram, a godermi le lucine della città e scrivere queste due righe.
Peace
Ale