‘A livella. Capitolo 19. 25/08/2017
Eccomi qui.
Mi sono preso un po’ di tempo per scrivere questo capitolo.
Credo abbia un valore particolare, e allora ho aspettato un pochetto in più.
Così per non sbagliare le parole.
Così per cercare di essere sicuro.
Mi trovo in questo momento seduto al tavolino di un bar giù la litoranea di Torre del Greco.
Di fronte a me il mare, nelle orecchie Waltz in E Minor, sul palato il sapore d’arancia spremuta.
Sono venuto qui stamane dopo aver fatto l’ennesima analisi del sangue, ho pensato che fosse giusto ritagliarmi un momento solo mio.
Quando ti abitui a stare solo, è difficile e un po’ strano tornare alla vita di tutti i giorni.
Non so come spiegarvelo, è come se un po’ mi mancasse quell’intimità particolare che ho provato in quel letto d’ospedale.
Oggi scrivero’ ascoltando la stessa musica che ascoltavo lì.
È sarà facile rivedere dinanzi a me i pinichefannociaociao.
Il giorno Mercoledì 23 Agosto è la data che non scorderò mai.
È la data X.
Quella dove il protagonista dichiara il suo amore alla coprotagonista. E poi si baciano.
È la data che Pacey e Joey si baciano nel supermercato, con Joey con il pigiamino rosa e Pacey è stato appena sbarbato.
È la data in cui Kyrie Irving mette la bomba in faccia a Steph, in gara 7.
È la data in cui ho visto per la prima volta il tramonto sopra la montagna di Santa Maria del Castello.
È la data in cui ho detto la prima volta ti amo.
A telefono.
Avevo 16 anni.
È la data X.
Quella che rimane.
Quella che cambia le cose.
Ho visto l’ultima goccia dell’ultima sacca blu esaurirsi.
Sparire nella mia vena martoriata.
Ho finito la terapia.
Mi sono sentito subito meglio.
Una cazzo di energia fatta di adrenalina e voglia di ripartire.
Ma poi c’è sempre l’antagonista in tutte le storie no?
Il mio si chiama Ematocrito.
Quello che in questi giorni mi fa sbattere la testa forte quando salgo le scale, quello che mi fa rimbalzare le cervella quando mi alzo dalla sedia.
Tipo i vecchi di 80 anni, proprio così.
Il dottore mi ha consigliato di fare le scale fermandomi ogni pianerottolo.
Ho pensato machistoverfa?
Ho pensato noframachestairicenn?
Ho pensato macummèiolefacevoatreatre.
Insomma, la mente va forte, il corpo un po’ meno.
Ma è questione di tempo.. Ieri ho fatto anche 10 flessioni.
Stev sbattenn nterr, ma fammokk.
L’ultimo giorno di terapia è stato strano.
Avrei voluto salutare tutti, fare foto con tutti.
E invece no. Non c’era nessuno dei miei amichetti infermieri.
Tutti in ferie.
In compenso ho conosciuto Riccardo, un infermiere 27enne a cui ho insegnato il mio handshake con le dita che schioccano.
Bravo.
Premuroso.
Componente.
(odio questa parola ma rende il concetto)
Avevo in testa il mio solito cappello di paglia, una maglia verde petrolio bellissima comprata con un’amica speciale che mi faceva sentire figo.
Cosa dire ragazzi, è un periodo strano.
Sono in attesa di sapere il mio destino.
Due momenti ora sono importanti: uno tra una decina di giorni, e un altro a fine settembre.
Da questi due momenti deriva tutto.
Assurdo vero?
Appeso ad un filo.
In questi 4 mesi è passato dall’essere di lana a cotone.
Ora è un bel nylon, quello che usa papà per pescare a 200 metri con il mulinello elettrico.
Ma è pur sempre un filo.
Una condizione esistenziale differente.
Un pò bella, un pò brutta.
Rivivo la mia vita tante volte, mi ripiego su me stesso cento volte.
Questa è una fortuna incredibile questa.
Quanto farebbe bene un po’ a tutti rallentare.
Godersi ciò che si ha, senza bramare quello che non si ha.
In questo i social sono tremendi: scatenano l’insoddisfazione.
Vabbè sto divagando.
Mercoledì 23 Agosto è stato il giorno in cui so tornato a casa, mi sono tolto il mio amato cappello di paglia e ho pensato che me la stavo cavando.
Che ho sentito quel tuffo allo stomaco, come se stessi per piangere dalla felicità.
Poi ho pensato a quando mi arrivarono i primi esiti delle analisi mesi fa, e tutti pensavamo che non avrei dovuto fare le chemio.
E allora mi sono detto “Ale, Fly down”.
Ho bisogno di verità e concretezza.
Non voglio illudermi più.
Mi godo quello che ho.
Ora più che mai.
Il sapore di arancia sul mio palato, la brezza del mare, il cappello di paglia che mi fa sentire sempre un po’ figo, il Waltz in E minor.
Che poi magari salire le scale ad una ad una può dare l’opportunità ad un giovane uomo di godersi il pianerottolo no?
(uh, che bella pezza a colori)
La verità è che la mia natura è salirle a 3 a 3.
La verità è che non vedo l’ora di prendere un rimbalzo con la mano destra e sbattere la palla forte sulla mano sinistra e urlare.
La verità è che il mare non lo voglio solo vedere sotto un ombrellone, ma lo voglio esplorare a 40 metri di profondità.
Tornando a Mercoledi23Agosto, mi è venuta in mente un fatto bello.
Quando ero nella stanza numero 7 ad aspettare il farmaco sono entrate due signore che erano anche loro in attesa di terapia.
Erano così diverse eppur così uguali.
Una tutta elegante e snob, l’altra bella canfuncella e chiassosa.
Ho pensato alle parole di Toto’.
Ho pensato a come la malattiaconilnomebrutto annulli le differenze sociali.
Ho pensato a quanto fosse divertente che una signora vomerese con la r moscia, parlasse e ridesse con una di Mugnano che non sapeva dire perché senza dire pcchè.
È stato dolce.
Sono entrate antagoniste, nemiche.
E sono uscite amichette, si sono scambiati i numeri: era bellissimo quando non si capivano, e io facevo un po’ da moderatore.
Hanno parlato tutto il tempo di ricette, dei figli che so piezzecor, ovviamente del nostro malecomune.
Ed è stupendo che la signora di Mugnano comincerà a prendere l’Aloe, e la signora del Vomero comincerà a cucinare la lasagna bianca con il pesto di basilico.
Roba che la signora mugnanese alla fine aveva la r moscia, e la signora vomerese diceva pcchè.
Ho riso tantissimo.
Era come essere a teatro.
Solo a Napoli puoi vedere ste cose.
Amo la mia gente.
Che sia del vomero, che sia di Mugnano.
Abbiamo l’ironia di Toto’ che ci solletica la vita.
La malattiaconilnomebrutto è na livella.
Figo.
Mi piace.
Ora vado, sento lo sguardo dei ragazzi del bar sulla schiena.
Un ragazzo di 90kilieunpo’ con un cappello di paglia che scrive da due ore solo al tavolino.
Magari pensano che sono un investigatore privato, o un agente segreto.
Hanno quasi paura di rivolgermi la parola.
Cucciolini.
E ora voi.
Grazie davvero di essermi stato vicino in questi 3 mesi.
Grazie a tutti quelli che ogni giorno mi hanno scritto.
Grazie di tutti i buongiorno e buonanotte che mi sono arrivati.
Grazie di questo mega abbraccio in cui avete avvolto ogni giorno.
Mi sentirò per sempre un po’ debitore d’emozioni con tutti voi.
La battaglia la sto vincendo.
Ed è anche merito vostro.
Per ora, indosso il cappello di paglia e chiudo il sipario.
Dissolvenza e musica.
Peace
Ale