Il mare di Porto. Capitolo 41. 18/05/2019

Il mare di Porto. Capitolo 41. 18/05/2019

Sono seduto su uno scoglio portoghese.
È il mio secondo giorno qui a Porto. Sono in un posto stupendo, e voglio raccontarvelo.
A destra ho una spiaggia infinita, surfisti all’orizzonte, ragazzi che giocano a pallacanestro a cento metri e a sinistra il castello Francisc Xavier.
Ho trovato un posto riparato scavalcando un paio di cancelli ed eccomi qui, come i vecchi tempi, soli io e il mare.
Codificato nel mio Dna, stampato nelle mie cellule. Un amore che nasce dalla mia infanzia, da Pino Daniele, da mio padre che a 10 anni mi fece scendere a 3 metri con le bombole con lui, da mia madre che mi portava sempre in spiaggia e mi chiamava pesciolino.
Era un pezzo che non passavo un momento così, soprattutto da quando mi so trasferito a Milano.
Anni fa, tutti i miei dubbi si risolvevano su un metro quadrato di roccia vulcanica.
Ricordo quando andavo sul mio pezzo di scoglio preferito a Torre del Greco e passavo intere mattinate. All’inizio lo identificavo perché c’era un mattoncino grigio più chiaro sulla stradina in corrispondenza e un graffio di chiave sulla ringhiera.
Così io camminavo dritto partendo da quel punto, scavalcavo, giravo un po’ a sinistra ed eccolo lì, con quella forma di sediolina che pareva fatta apposta per il mio culo.
C’era solo lui a farmi compagnia: mi cullava i pensieri.
Era il mio rifiugio.
Il giorno che non superai Meccanica Razionale andai lì.
Il giorno che fui lasciato dalla mia prima ragazza andai lì.
Il giorno che morì mio nonno andai lì.
Ero disperato ma il mare mi calmó, tramutó quello che avevo dentro in poesia. La stessa poesia fu letta al funerale del mio nonno, uno dei momenti più intensi che abbia mai vissuto.
Rimarrà per sempre con me.
È che il mare non si può spiegare a chi non lo ha nel cuore. Non lo si può spiegare a chi lo osserva e non sente il vortice dentro.
È movimento, è tormento, è cambiamento, è mistero, è equilibrio e poi disequilibrio.
Passerei ore qui.
Non c’è niente in natura che ci svela il senso dell’infinito come il mare.
Ti spiega segreti.
Lui è tanto grande e tu tanto piccolo.
Wooosh, onda che sbatte sullo scoglio e il sole che l’aiuta a splendere.
Wooosh, onda che si infrange sull’altra e crea quei piccoli imbuti di corrente.
Woosh, onda che accarezza il bagnasciuga come mano di donna sul viso del proprio uomo.
Il mare mi mette sempre in discussione: non so mai davvero chi sono quando osservo quell’orizzonte azzurro.
Fingo d’aver capito, abbasso lo sguardo, rispondo al messaggio di un amico, poi rialzo lo sguardo e boom, di nuovo nel vortice.
Come fossi una di quelle onde.
Ed è forse questo il motivo per il quale una parte di me non crescerà mai.
Dentro di me c’è un’anima tormentata, che assomiglia a questo mare color argento.
Che un giorno sembra quieta e il giorno dopo pare un casino.
È come se il mio corpo e il mare avessero la stessa aura, la stessa energia chimica.
Gocce di sale mi cadono sulla pelle.
Un senso nuovo di speranza ed armonia pervade il mio spirito.
Una coppia di ragazzi si baciano sul loro scoglio.

Assorbo energia.
Respiro.

Sono vivo.

Peace

Ale

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