È passato un anno. Capitolo 35. 21/08/2018
Li ho beccati al Gate C17 e sono mano nella mano da quando li ho incrociati la prima volta.
Son seduti accanto a me ora, le loro mani si accarezzano e i loro occhi sorridono.
Conosco bene quello sguardo, era il mio di qualche mese fa.
È incredibile come in poco tempo cambi tutto, è incredibile come la vita a volte ti imploda da dentro e tu rimani un po’ come sospeso, come in una bolla, e continui a fluttuare tra una cosa e l’altra senza dargli troppo peso.
Poi capitano dei momenti, son piccoli istanti eh, dove tutto sembra meno oscuro.
E sono in quei momenti dove sogno di fare il missionario a Nairobi, o dove penso di trasferirmi in Canada, o di imparare a ballare swing e hip hop, o di finire di scrivere quel libro che cominciai tanti anni fa.
In quei momenti la mia voglia di vita vola mia dal mio corpo e ritorna sotto forma di sogno.
Nel momento in cui sto scrivendo è il 19 Agosto ore 23:08, ho km di aria sotto al culo e due cucciolini che si accarezzano le esistenze accanto a me.
Vengo da tre giorni bellissimi con dei miei amici storici : mare, sole, birra.
E ancora mare, in apnea, fino a 7/8 metri, nel profondo blu.
Tra 4 giorni festeggio un anno dalla
fine di Mike, Kobe e T-Mac.
Mi fa tanto ridere che persone che leggeranno sta frase non capiranno un cazzo, e allora a tale persone consiglio la lettura del mio blog. Capitolo 6, eh.
(minchia si vede lavoro nel marketing, eh)
23 Agosto 2017: la data che mi ha rimesso al mondo.
Indossavo lo stesso pantaloncino beige che ho ora e avevo la maglietta verde bottiglia che adoro.
Ero tanto emozionato.
Se penso a quel momento in cui uscii dalla porta dell’ospedale mi vengono ancora oggi i brividi.
Ci fu un preciso momento in cui realizzai che niente mi avrebbe più fermato.
Fu quando Neddy mi tolse l’ago dalla vena per l’ultima volta.
Mi guardò con aria complice, anche lui un po’ commosso, e fu magico.
In quel momento pensai ” tutto quello che ho passato sarà la mia forza, ora nessuno, e dico nessuno, mi fermerà”.
È passato un anno, ragazzi.
Un anno che più intenso non potevo desiderare.
Sono andato a Sofia, ho fatto il cammino di Finisterre, ho festeggiato il mio compleanno con gli amici di una vita con papà che ha fatto le pizze in giardino sotto la pioggia, ho organizzato una festa di capodanno in una casa sul mare mettendo le luci colorate pure nel cesso, ho cambiato tre lavori, ho cercato di realizzare che i capelli non mi cresceranno mai più come prima, son tornato a giocare a basket, ho pensato di trasferirmi a Bologna e poi son finito a Milano, ho preso una nuova casa.
Ho ritrovato la mia capacità d’amare senza paura, più della mia stessa vita.
Mi mancava tanto sentirmi così, quasi mi ero dimenticato cosa significasse.
Io però ho imparato che però spesso non è come ci si aspetta, anzi.
E allora ti capita che un giorno ti svegli nella tua casetta a Napoli con il mento gonfio e finisci due mesi in ospedale rischiando un’operazione rischiosa.
E allora ti capita che un’ecografia ti svela un destino che ti sembrava impossibile.
E allora può capitare anche di perdere un amore.
Non c’è malinconia.
Non c’è disprezzo e pentimento.
Perché ho imparato ad apprezzare quegli attimi belli che mi offre la vita.
E così non ho paura.
E così sono invincibile.
Non chiamatela accettazione, anzi.
Non chiamatela rassegnazione, anzi.
È che ho il dovere di rispettare il mio tempo su questa terra.
Non voglio sprecarne manco un minuto.
Voglio passare la mia vita a sorridere, ad essere felice del posto in cui sono.
Questa mia esigenza forse mi porterà per sempre a vivere le cose in maniera diversa, a dare un peso diverso alle persone e alle parole, a mangiare in piedi appena arrivato a casa di mamma perché non c’è tempo di sedersi, o magari a correre da una parte all’altra del mondo.
A sognare ogni giorno di più, ad avere ogni giorno nuove idee e scriverle sulla mia app sotto il titolo di “mie idee”.
È passato un anno.
È incredibile.
C’è gente che ho conosciuto ultimamente che poco ha compreso tutto questo, e che forse non è interessata troppo a scoprirlo.
Forse leggeranno pure queste parole, ma non ne parleranno con me.
(Vabbè, stycats. È il mio flusso di coscienza, sul mio cazzo di blog.
Beati gli invitati.)
Milano è una città difficile per un napoletano super estroso e burdellone come me.
Milano è una città che ti obbliga a vivere seguendo leggi ben precise, una città un po’ timida, che ti mette alla prova e si aspetta tanto da te.
Una mia cara amica mi disse che Milano è una donna un po’ bruttina ma intelligente. Di quelle che rimangono sempre un pò in disparte, e che poi invece, se ti impegni a fondo, ti stupiscono.
Quelle rare donne con cui ci diventi amico per sempre, ma magari non scatta mai la scintilla.
Non so se sia così, ma lo spero.
So per certo che qui la gente in metro non parla. Niente. Tutti assorti nei loro smartphone tra un’email e l’altra: mi capita di osservarli a lungo, spero siano felici della vita che fanno.
Forse sarà educazione, forse sarà rispetto.
Mha, io son cresciuto con la concezione che se uno mi da a parlare in metro e mi racconta un fatto, io son contento che lo fa con me. Anche se è uno sconosciuto, soprattutto se è uno sconosciuto.
Perché inevitabilmente mi sta donando qualcosa, mi sta donando se stesso, mi sta donando una storia.
E le storie che ho ascoltato mi hanno insegnato tanto.
Mi viene da ridere pensare alla metro a Napoli.
È tipo un mercato: leggenda narra che l’inciucio che viene raccontato dalla signora nel primo vagone, lo ascolta anche la signora alla fine del treno.
Napoli è Sophia Loren: Napoli è tanta roba: bona, estroversa, esasperata, con un fisico da paura e spesso con un carattere di merda.
Di quelli incomprensibili, di quelli che ti fanno uscire pazzo. Di quelli che ti fanno innamorare e poi sei costretto a darti i pugni nello stomaco pur di riuscire a distaccare la mente dal cuore.
Lo diceva il buon Pino in Terramia.
Lo ripeto io ncopp a n’aereo Ryanair mentre lo steward di volo fa gli annunci per vendere i profumi e i grattaevinci.
Intanto la cucciolina si è poggiata sulle spalle del cucciolino e dorme avvolta nella camicia di lui.
Aveva freddo e lui si è denudato per coprire lei mentre dormiva.
Emanano un’energia fortissima.
Notizie Ansa: mi sono spaccato un ginocchio ma sono già quasi guarito. Sfiga? Un po’.
E poi vabbè, tra un mesetto farò la famosa visita di controllo, che tutti i “survivor” (cit. mio dottore) come me un po’ aspettano e un po’ temono.
Mi dispiace se son mancato così tanto da qui, ma con il mio nuovo lavoro è impossibile riuscire ad avere tempo ed ispirazione per scrivere come prima.
Ho ricevuto parecchi messaggi inaspettati sulla pagina e vi ringrazio tanto.
Non so se mai questo blog diventerà quello che sogno, ma se anche una sola persona ha trovato conforto e coraggio nelle mie parole in questo anno di racconti, bè, allora la mia missione è compiuta.
E il mio cuore sorride.
Un abbraccio a tutti,
Ale